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Pl@giarism

Pubblicato da [BM]Emanuele |

Un software anti-plagio svela un mistero letterario e storico, che si trascina ormai dai più di 400 anni. Brian Vickers, studioso di William Shakespeare, ormai non ha più dubbi: l'Edoardo III, pubblicato per la prima volta in forma anonima nel 1596, fu scritto a quattro mani. Il poeta e drammaturgo di Stratford-upon-Avon avrebbe collaborato con il collega Thomas Kyd. Una conclusione alla quale Vickers, ricercatore presso l'università di Londra, è arrivato utilizzando "Pl@giarism", il software che riesce a smascherare gli studenti copioni, scovando le frasi "riprese" da altre opere. 
Sviluppato dall'università di Maastricht, consente di individuare le cosiddette "impronte linguistiche": frasi ripetute, di almeno tre parole, che identificano una data opera. Vickers sostiene che in testi scritti da autori diversi, si trovano generalmente tra le 10 e le 20 corrispondenze, perché certe frasi sono di uso comune. Nel caso dell'Edoardo III, invece, sono state trovate 200 "impronte", tra questo e le opere di Shakespeare scritte prima del 1596. "Con 200 corrispondenze - ha detto lo studioso, parlando con il Times - si può essere relativamente sicuri". Il software, però, è importante anche perché svela chi fu l'autore che collaborò alla scrittura dell'Edoardo III. "Tutti erano in grado di riconoscere nelle scene di quest'opera alcuni elementi propri di Shakespeare - ha sottolineato Vickers - ma nessuno sapeva perché alcuni versi non sembravano essere stati scritti da lui". Secondo "Pl@giarism" la risposta arriva dalla produzione letteraria di Thomas Kyd: sono 200 le corrispondenze tra l'Edoardo III e i testi firmati da questo drammaturgo vissuto nella seconda metà del Cinquecento. Per il programma anti-copioni, il 40% dell'opera (corrispondente a 4 scene), fu scritto da Shakespeare; il rimanente 60%, invece, porta inequivocabilmente la firma di Kyd. 
Non tutti, però, sono d'accordo con le conclusioni della ricerca: c'è, infatti, chi mette in dubbio l'efficacia di questo software. E' il caso di Stanley Wells, presidente della fondazione "Shakespeare Birthplace Trust": "Sinceramente sono scettico e non credo che si sia raggiunto un livello tale, per il quale queste indagini, che si servono di un programma informatico, possano dimostrare la paternità di un'opera".